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29 aprile 2011

Ayrton Senna: il ricordo a 17 anni dal suo incidente mortale il 1 maggio

Domenica primo maggio Ayrton Senna da Silva avrebbe cinquantuno anni se quell'infausto primo maggio 1994 non se lo fosse portato via. Ha terminato come aveva iniziato: su una vettura spinta da cavalli a motore. 3 campionati del mondo vinti, 162 gran premi disputati, 41 vittorie, 89 podi e 65 pole position.
Beco, il soprannome che gli avevano dato in famiglia. Magic, più semplicemente per i suoi tifosi. Il pilota di Formula 1 che ha messo tutti d'accordo perché è da pazzi non accettare la grandezza del suo talento.

Sono passati diciassette anni da quel gran premio di Imola maledetto. Un fine settimana sul quale ha capeggiato il velo nero della morte. Altri campioni sono apparsi sulla scena, altre sfide si sono susseguite sotto la bandiera a scacchi, ma la leggenda di Ayrton aleggia nell'aria e pulsa nel cuore di ogni appassionato. Senna era un pilota emozionale, impulsivo, un talento naturale dotato di un istinto non comune e di un carisma sconosciuto ai piloti d'oggi. Le sue imprese erano le imprese del Brasile che, dilaniato dalla crisi e dalla fame, ha fatto di Ayrton Senna il miglior prodotto esportabile: l'espressione pura dell'automobilismo sportivo. L'essenza mistica delle corse.

Le sue eccezionali capacità di guida emergono fin dal suo esordio in F1 con la Toleman, nel lontano 1984, quando agguanta un memorabile secondo posto nel GP di Monaco sotto una pioggia torrenziale. Solamente l'interruzione della gara non gli permette di vincere. Il successo non tarda ad arrivare: nel 1985 passa alla Lotus e in Portogallo può festeggiare sul gradino più alto del podio.
La sua carriera cresce e tocca l'apice negli anni trascorsi alla McLaren: la squadra con cui conquista tre titoli mondiali nel 1988, 1990 e 1991. Memorabili i suoi duelli con l'avversario storico Alain Prost, detto il professore, con il quale si gioca i titoli mondiali del 1989 e del 1990 nella gara di Suzuka: in entrambe le occasioni i due arrivano a contatto scatenando non poche polemiche e inasprendo ulteriormente la loro rivalità.

Epica la vittoria di Donington Park nel 1993: una dimostrazione di dominio e di superiorità imbarazzante sotto un diluvio di proporzioni gigantesche. Nel corso del primo giro sovrasta i suoi avversari con quattro sorpassi uno più bello dell'altro terminando la corsa con un minuto e mezzo di vantaggio sul secondo classificato e con un giro su Alain Prost, eterno rivale e campione del mondo in quell'anno.

Alla McLaren qualcosa non funziona più come una volta. Senna in testa ha solo una cosa: vincere. Per questo motivo nel 1994 passa alla Williams. Sulla carta è un mondiale sicuro: il miglior pilota sulla miglior vettura. A parole sì, ma sono i fatti a smentirlo.
Sbaglia alla prima gara a Interlagos, in Brasile, lasciando la vittoria al giovane Michael Schumacher. Sbaglia in occasione del gran premio del Pacifico a causa di un incidente alla prima curva.
Arriva a Imola, terzo appuntamento della stagione, con un bello zero in classifica iridata. Un gran premio di San Marino stregato: venerdì Rubens Barrichello rischia di morire ma se la cava con un braccio rotto; al sabato è Roland Ratzenberger che abbandona definitivamente la scena, nel peggiore dei modi: rimane esanime sull'asfalto sulla curva intitolata a Gilles Villeneuve. La consapevolezza della fragilità umana contrasta con l'idea del pilota immortale.

Alle ore 14.17 di domenica primo maggio 1994, Ayrton Senna transita per l'ultima volta sul traguardo di un gran premio di F1: affronta la curva del Tamburello in piena velocità e la vettura sbanda a destra, proprio poco dopo il cartello pubblicitario I pilotissimi, proprio lui che probabilmente è il migliore. Un attimo, un lampo, un flash. Il casco si flette leggermente prima a sinistra e poi a destra, probabilmente per un riflesso e nulla più.

La morte di Senna fu un colpo per la Formula 1 ma ancora di più per il suo paese. Senna è stato molto più di un idolo in Brasile, dove in occasione del suo funerale è stato salutato da circa due milioni di persone assiepate ai bordi delle strade e sui tetti delle case.
Innumerevoli esempi di amore si manifestano ancora oggi, dopo diciassette anni dalla sua scomparsa. Difficile dire una sola ragione per cui Senna viene così adorato non solo nella sua città natale ma in praticamente tutto il mondo: oltre a essere uno dei piloti più talentuosi in assoluto, Senna ha rappresentato per molti un modello da esportare nella società.
Come egli stesso disse: «I piloti sono per le persone più un sogno che una realtà» e nessuno meglio di lui è riuscito a personificare quelle parole.

Il carisma di Senna non aveva limiti. Un personaggio tutt'altro che umile: in pista si è fatto molti nemici fra i suoi rivali.
La sua arroganza si è manifestata in molte occasioni, niente di anomalo, una qualità simile a quella di molti altri piloti di F1. Quello che differenzia Senna dal resto del mondo è quello che non ci si aspetta da lui o in generale da un pilota.
Fatti e dichiarazioni sono semplicemente serviti per aumentare ciò che avvolge la sua leggenda. Come quando in occasione del gran premio del Belgio del 1992 abbandona la sua vettura per andare ad aiutare Erik Comas, rimasto ferito in un incidente.

A distinguerlo, il suo immenso amore per i bambini. La Fondazione Senna e le sue innumerevoli donazioni anonime agli orfanotrofi brasiliani, dimostrano quanto forte potesse essere la sua preoccupazione verso il prossimo perché citando le sue parole «i ricchi non possono vivere su un'isola circondata da un'oceano di povertà».

In pista la sua ambizione non ha limiti: come diceva sempre Ayrton «il secondo è il primo dei perdenti».
Per molti Senna era un folle, un pazzo che forse credeva che mai niente poteva scalfirlo a causa della sua profonda fede in Dio. Affermò senza alcun timore di parlare con il Signore quando era in macchina. Non era uno sprovveduto: sapeva che su una di quelle vetture che tanto aveva amato poteva anche morire, però non ha mai avuto paura o almeno così ha voluto farci credere. La paura: l'adrenalina della sua vita, qualcosa che lo affascinava.

La sua prematura morte in giovane età lo ha mistificato ulteriormente, come già è accaduto con John Lennon, Jim Morrison, Steve McQueen, Marilyn Monroe e chissà quanti altri. Questa fine improvvisa ha fatto in modo che il suo ricordo si avvolgesse di un'aura speciale, quasi divina, che resiste tutt'oggi. In tutto il mondo, dopo 17 lunghi anni di assenza.

di
Eleonora Ottonello

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