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21 ottobre 2011

Ricordando due bravi ragazzi in rosso di Paolo Ciccarone

Ci sarebbe molto da dire e raccontare sulla Corea e sul postaccio che ospita il GP. Tanto per dirne una, è una pista cittadina senza che ci sia attorno la città. Quella verrà costruita dopo. Quando non si sa, visto che in molti della società e del management sono finiti in galera per tangenti.
Intanto si va lì a correre e si scopre che dirigenti, piloti etc vengono sistemati in hotel dai nomi esotici: Adamo ed Eva Mothel, Pussy Cat, Femme Fatale. Insomma, sono tanti piccoli bordelli di medio e basso livello che, piacendo l'argomento, potrebbe far divertire se non fosse che siamo ai minimi termini.
E per questa ragione, non volendo toccare il fondo, meglio ricordare un amico scomparso proprio durante la disputa delle qualifiche.


A molti il nome di Pasquale Danza non dice nulla, per chi lo ha conosciuto, invece, dice di un amico, di una persona per bene, sempre discreta, silenziosa, uno che si faceva gli affari suoi ma era sempre pronto a darti una mano.
È morto a meno di sei mesi dall'aver scoperto un tumore ai polmoni. Aveva dovuto lasciare il lavoro, ma Stefano Domenicali lo chiamava e si informava sullo stato di salute. Una delle ultime volte che ci siamo sentiti con Pasquale, diceva che non vedeva l'ora di tornare al reparto corse, ma Domenicali gli aveva imposto prima di curarsi, perché il suo posto non lo avrebbe toccato nessuno. E Pasquale era grato per le attenzioni: "Ma ci pensi, Domenicali che si informa su di me, che non sono nessuno".

E invece era qualcuno. Partito ragazzino dalla Puglia, era arrivato alla Ferrari con la passione nel cuore. Da lì non si è più mosso. Faceva il logistico, l'autista per Jean Todt, ai box era pronto con l'estintore in mano quando (GP d'Austria) andò a fuoco Schumacher.
Nervi saldi, sangue freddo, spense tutto senza che il tedesco capisse veramente il rischio: "Ci hanno addestrati a fare questo, se mi cago sotto quando lo devo fare, a che serve l'addestramento?", disse schermendosi e non volendo nessuna pubblicità.
Con lui si parlava spesso della Puglia, della situazione locale, dei campi e dei raccolti, della famiglia, dello stato di salute di parenti e amici.

Ogni tanto si beccava qualche cazziatone da Luca Colajanni, il capo ufficio stampa della Ferrari, quello del "nessuno deve parlare coi giornalisti specie con quello lì" riferendosi a chi scrive. Senza capire o sapere che con un meccanico, specie se è amico, si può parlare di tutto senza bisogno di scovare segreti della squadra e altro ancora.
Per quello, basta lui quando dà le notizie ai suoi amici e nega l'evidenza agli altri, ma questa è un'altra storia. In mezzo, fra meccanici, tecnici e altro ancora, prima di tutto ci deve essere il rispetto e l'educazione, perché prima viene l'uomo, la persona, poi la squadra e i giochetti vari.

Colajanni dovrebbe averlo capito, visto che fa una vita d'inferno, lavora come un matto dalla mattina alla sera, senza un amico vero, senza una relazione stabile, senza che qualcuno lo faccia sentire meno solo e per questo dedito totalmente al lavoro, sfida che ha abbracciato integralmente e che lo vede sempre in prima linea.
Ecco, spero che questo episodio, gli dia una mano ad addolcirsi, a capire che c’è altro oltre la F.1 e il lavoro di comunicazione, le polemiche e le antipatie per questo o quello, che questo può lavorare l'altro non è gradito. Alla fine si finisce tutti al capolinea...

Basti dire che una volta Pasquale si prese un cazziatone, eravamo in Belgio, perché col caldo che faceva, ebbe la brutta idea di offrire al vostro cronista un gelato dalla macchinetta posta dietro al motor home. Colajanni lo vide e si incazzò. Per fortuna intervenne Domenicali "Ma lascia perdere, perché fare casino per una cosa da niente?" disse Stefano. E Pasquale, di rimando: "E chi se ne frega di Colajanni, se non posso nemmeno offrire un gelato a un amico, che ci sto a fare qua?".
Ecco, adesso Pasquale non c'è più e prima di lui è scomparso Giuseppe Valpreda, un altro signore delle piste, un altro educato e per bene con la passione nel cuore. Spesso ci si dimentica che dietro a una macchina ci sono uomini, con le loro passioni, amicizie e relazioni.

Mi ricordo ancora la faccia di Valpreda quando, GP del Canada 1996, Schumacher perse un semiasse ai box dopo il pit stop. Il pezzo lo ritrovai io e lo portati al box Ferrari, guardando in maniera ironica Jean Todt, un altro che se può ti distrugge solo con lo sguardo, e Valprenda, imbarazzato, prese il semiasse, mi disse grazie e tornò al box.
Ci fosse stato un altro al posto suo, avrei fatto un po’ di scena, invece era una persona per bene e chiesi anche al fotografo di non fare scatti, perché sarebbe stato umiliare un ragazzo per bene che non aveva colpa di niente.

Altro che parlare di Corea e retroscena. Per stavolta lasciate che ricordi i tanti ragazzi per bene che lavorano con passione in questo mondo e che quando ci lasciano, si portano via un pezzo d'anima.
Ciao Pasquale, con Giuseppe lassù son sicuro che non sbaglierete nemmeno un pit stop!

di Paolo Ciccarone da Paddock.it

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